Cosa sono i DataCenter

Alla base della digital transformation, e più in generale dell’economia digitale, ci sono infrastrutture che gli utenti non vedono, i DataCenter. Sono gli edifici in cui viene custodito quello che Alec Ross, “guru” della tecnologia ed ex consigliere di Hillary Clinton, ha definito “il petrolio del futuro”: i dati. Insieme ai dati aziendali, però, i DataCenter hanno in sé anche “il cuore” del business, gli strumenti cioè che governano i processi e i servizi, insieme alla comunicazione, come i server, i sistemi di archiviazione, i programmi per il monitoraggio del funzionamento delle macchine, dei servizi, delle applicazioni e delle reti. La struttura e l’offerta dei DataCenter in Italia e su scala globale sta progressivamente cambiando ed evolvendosi man mano che i processi economici sono sempre più basati sul digitale. Così se qualche anno fa a un’azienda poteva bastare uno sgabuzzino refrigerato in cui ospitare server e hard disk, oggi man mano che i processi di business e quelli di produzione si digitalizzano, i dati aziendali hanno bisogno di più spazio, consumano più energia e richiedono requisiti di sicurezza molto stringenti: la loro perdita o compromissione potrebbe infatti causare gravi danni in termini di competitività. Così dal vecchio Ced, il centro elaborazione dati interno, si passa prima al DataCenter interno e proprietario e oggi sempre più all’hosting, all’housing e alla colocation, fino ad arrivare al Cloud DataCenter.


Che soluzioni e servizi offrono i DataCenter 

Mentre l’offerta di DataCenter in Italia si sta spostando su strutture dedicate, che mettono le macchine a disposizione dei loro clienti (hosting DataCenter), concedendole “in affitto”, o semplicemente offrendo spazi in cui le aziende possono installare i propri calcolatori, e gestirli a distanza (hosting remoto), con il cosiddetto housing DataCenter, o Colocation, cresce anche l’offerta di servizi che i DataCenter sono in grado di mettere a disposizione dei propri utenti. Nella consapevolezza che il gioco inizia a essere molto competitivo, e che la partita si gioca spesso oltre che sui requisiti di sicurezza, sui prezzi, che scendono se si riescono a fare economie di scala, e sui servizi a valore aggiunto che una società di DataCenter è in grado di offrire.

Alla base di tutto, in ogni caso, c’è sempre un sistema di connettività, necessariamente “ridondato”, quindi duplicato per non perdere mai la possibilità di accedere ai dati e avere sicurezza della continuità operativa.

L’offerta dei DataCenter, mirata normalmente con soluzioni personalizzabili alle aziende pubbliche e private, dalle Pmi ai grandi gruppi, parte dal caso delle società che oggi gestiscono in casa almeno una parte dei propri sistemi IT, mettendo a loro disposizione spazi performanti e affidabili per collocare i propri sistemi di Infrastruttura primaria o di disaster ricovery. Per assicurare le performance, quali velocità e tempi di latenza nel trasferimento dei dati ogni volta che sia necessario, e per mettere le basi per la creazioni di “ecosistemi” di rete dinamici modellati sulle esigenze dei clienti, i DataCenter possono contare su reti in fibra ottica ridondata, che contribuisce grazie all’alta capacità e alla bassa latenza alla virtualizzazione ottimale dei servizi e di conseguenza al miglioramento della flessibilità e della reattività operative, assicurando la business continuity e un drastico ridimensionamento per i clienti degli investimenti necessari alla realizzazione delle infrastrutture fisiche. All’interno dei DataCenter i clienti possono normalmente usufruire dei servizi di server, storage e networking.


I DataCenter e la sicurezza

Tra i requisiti principali c’è la sicurezza: dal versante interno prendendo tutte le precauzioni perché l’accesso nei locali sia regolamentato con estrema attenzione e consentito soltanto alle persone autorizzate, garantendo la continuità dell’alimentazione elettrica per tutte le necessità tramite gruppi di continuità e il raffreddamento delle macchine con sistemi di climatizzazione. Quanto alla sicurezza dall’esterno, deve essere garantito che l’area in cui nasce il DataCenter non sia a rischio idrogeologico, e che la struttura dell’edificio presenti il massimo della resistenza a ogni genere di sollecitazione e stress. La classificazione dell’affidabilità impiantistica dei DataCenter prevede quattro livelli: si parte da Tier I, il livello base, in cui i “black out” possono arrivare a 30 ore annuali, per una continuità operativa garantita al 99,671%. Il DataCenter Tier I è caratterizzato dal non avere ridondanze nella rete elettrica e in quella per il raffreddamento, e dal dover essere “spento” per rendere possibili gli interventi di manutenzione.

Le prestazioni e i livelli di affidabilità aumentano progressivamente fino al Tier IV, che garantisce una continuità operativa al 99,995%, con fermi in un anno complessivamente inferiori alla mezz’ora, e che rendono possibili le attività di manutenzione senza incidere sulle prestazioni complessive della struttura. Alimentazione e raffreddamento sono inoltre completamente ridondati e sono disponibili generatori, gruppi di continuità e pavimenti flottanti.


Hosting o Housing: cosa è più conveniente?

I servizi messi a disposizione dai DataCenter sono essenzialmente di tre generi: in hosting, in housing e in cloud.

Nel primo caso il cliente ha a disposizione uno spazio, che sia dedicato a ospitare un sito internet, un server virtuale o lo storage di dati. La convenienza è quella di non dover avere server o storage proprietari, non doversi occupare direttamente dei costi e delle operazioni di manutenzione, non dover affrontare direttamente le spese per l’alimentazione delle macchine e il loro funzionamento. Le risorse concesse possono essere pensate inoltre su misura per il cliente, che in questo modo non si dovrà trovare a implementarle direttamente, ma utilizzerà le risorse del DataCenter a seconda delle necessità e in modalità pay-per-use.

L’Housing è invece pensato per le aziende o le pubbliche amministrazioni che hanno già o preferiscono utilizzare per diversi motivi server proprietari: in questo caso il DataCenter mette a disposizione lo spazio fisico per ospitarli rispettando il massimo dei requisiti di sicurezza: il cliente potrà utilizzare i “rack”, gli armadi in cui sistemare le proprie macchine, che siano server o storage, assicurandosi in questo modo una possibilità in più per eventuali piani di bakup. Anche in questo caso l’azienda o la PA eviterà di doversi occupare direttamente della manutenzione e della gestione degli impianti tecnologici di raffreddamento e continuità, semplificando notevolmente le operazioni. Quanto al cloud, basterà un accenno per dire che è una tendenza in ascesa costante negli ultimi anni, e che prevede la fornitura dei servizi on demand, senza un canone fisso.


Perché scegliere l’Hosting o l’Housing?

Non si può dire in linea di principio quale delle soluzioni convenga a ogni genere di azienda o di pubblica amministrazione, perché non c’è una ricetta buona per tutte le stagioni. Il management è chiamato volta per volta a valutare con attenzione ogni situazione e a tenere ben presente il rapporto costi/benefici rispetto alla propria situazione specifica e ai propri piani di business: soltanto dopo questo assessment sarà possibile prendere in considerazione e scegliere la soluzione più adatta per le proprie esigenze.

L’esigenza delle Pmi è quella, soprattutto in fase di set-up dei sistemi, di avere un DataCenter vicino, con un’assistenza qualificata e consapevole delle esigenze del cliente: in questo quadro spesso le società che gestiscono i DataCenter possono essere considerate come veri e propri partner, in grado di consigliare e guidare le imprese verso le soluzioni più adatte alle loro necessità, aiutandole a centrare l’obiettivo di risparmiare mantenendo il pieno controllo sui propri processi.

Al di là di tutti i possibili casi particolari, per dare un quadro il più possibile attendibile delle differenze tra hosting e housing e di quando l’uno possa essere più conveniente dell’altro ci sono alcuni criteri generali da considerare: in generale l’hosting è la scelta più consigliata quando si dispone di budget molto limitati e di volumi di traffico non troppo alti, senza avere in azienda competenze tecniche di gestione di webserver adeguate. L’housing è invece generalmente consigliato nei casi in cui generino volumi di traffico alti, e si utilizzano database o tecnologie particolari che si vuole rimangano fisicamente all’interno dei propri server.


Il Cloud DataCenter

Il DataCenter virtuale, ossia il cloud DataCenter, è un’evoluzione dei DataCenter tradizionali: non soltanto server fisici, quindi, ma anche macchine virtuali, che sono in grado di razionalizzare e rendere ottimale l’utilizzo delle risorse hardware, ottenendo per altro anche una riduzione sensibile dei consumi energetici e rendendo più semplice la gestione dei sistemi e dell’intero DataCenter. La “virtualizzazione” dei DataCenter ha così dei vantaggi in termini di costi per l’utente, che non deve più occuparsi della manutenzione dell’infrastruttura e può continuare a gestire i propri dati nel massimo della comodità da remoto. Pensando alla parte infrastrutturale dei sistemi IT di un DataCenter, nel modello cloud questa prende il nome di “Iaas”, Infrastrutture as a service, una modalità di fruizione delle infrastrutture di una DataCenter (server, storage, connettività) che consente alle aziende di risparmiare notevoli quantità di tempo per la messa a punto del sistema, non essendo necessarie installazioni di server, ma semplicemente una fruizione “on demand” in base alle proprie necessità. In altre parole, si utilizzano le risorse (come accennato server, storage e connettività) come se fossero un servizio, pagando quindi una sorta di “canone di utilizzo” e non l’acquisto.

Per semplificare ulteriormente, l’utente “affitta” l’infrastruttura IT, quindi server e virtual machines, le reti e i sistemi operativi, le risorse di archiviazione, ecc.; il provider che eroga questi servizi chiederà un pagamento pay per use, in base al consumo effettivo delle risorse consumate dall’azienda. In questo contesto l’utente può scegliere, sempre in ambito cloud, tra tre possibilità: cloud privato, pubblico o ibrido.


Cloud privato (private-cloud)

Quando parliamo di cloud privato ci riferiamo a un ambiente virtuale destinato esclusivamente a un cliente, che si garantirà in questo modo il massimo della privacy e della sicurezza, ottenendo il pieno controllo sulla rete, tanto da poterla configurare e gestire online in tempo reale a seconda delle proprie necessità.

Solitamente le aziende ricorrono ad un private cloud quando desiderano avere il massimo dei benefici del cloud computing (virtualizzazione e automazione dei sistemi, allocamento dinamico delle risorse server, storage e networking in base alle specifiche esigenze applicative) ma, spesso per ragioni di sicurezza e compliance, desiderano mantenere il pieno controllo sulle proprie infrastrutture mantenendole quindi all’interno del proprio DataCenter aziendale (da qui il concetto di “privato”) oppure in colocation in un DataCenter di un provider ma, anche in questo caso, lasciando all’azienda il pieno controllo delle proprie risorse DC.


Cloud pubblico (public-cloud)

Il cloud pubblico, invece, fa riferimento al modello cloud che, come consumatori, tutti conosciamo, quello dell’accesso remoto alle risorse che sono dislocate in uno o più DataCenter di provider pubblici, fornitori che erogano servizi cloud (dalle infrastrutture alle applicazioni) ad aziende e persone semplicemente facendone pagare il consumo (e non più la licenza). Un’azienda che sceglie di adottare servizi di public cloud, quindi, non dovrà acquistare alcun tipo di sistema (né hardware né software) ma semplicemente sfruttare le risorse di un DataCenter utilizzandole con una connessione Internet e una pagina, un portale, una dashboard web. Quella del cloud pubblico è la modalità più diffusa soprattutto tra le piccole aziende, le startup e i professionisti, che hanno bisogno di sistemi meno complessi e possono razionalizzare i costi e ottimizzare le prestazioni di una infrastruttura IT “affittandola” dal provider, che ne mantiene la proprietà.

Per le complessità IT dei grandi gruppi è invece spesso più indicato il cloud privato, che consente soluzioni personalizzate e su misura che possano adattarsi al bagaglio IT che l’azienda ha visto stratificarsi nel tempo (oltre al fatto che, come accennato, il private cloud consente alle aziende di avere ancora la proprietà dei propri sistemi i quali diventano però dinamici e flessibili proprio grazie a virtualizzazione, consolidamento e poi automazione delle risorse affinché l’azienda stessa possa fruirne in modalità “as a service” pur avendo “in casa” il DataCenter).


Cloud ibrido (hybrid-cloud)

Il cloud ibrido è la “via di mezzo”, ossia quel modello di cloud computing che permette alle aziende di sfruttare i vantaggi di entrambi i modelli cloud (private e public). In un modello di hybrid cloud, l’infrastruttura IT viene mantenuta sia all’interno del DataCenter aziendale sia all’interno di un DataCenter di un service provider: il tutto viene governato con sistemi di gestione e automazione che permettono di condividere le risorse, i dati ed i servizi fra i due DataCenter.

L’hybrid cloud rappresenta di fatto una soluzione “su misura” che unisce la sicurezza e l’ambiente a proprio uso esclusivo del cloud privato – per alcune infrastrutture e applicazioni – e lascia invece altre risorse sul cloud pubblico per accedervi quando necessario, per esempio quando c’è un momentaneo bisogno di risorse storage o server aggiuntive, acquistando il servizio tramite cloud pubblico solo per il tempo necessario. Il cloud ibrido può essere la via ideale per conciliare il controllo dei costi con le esigenze di sicurezza più stringenti ma anche la necessità di poter gestire in modo agile le risorse IT in funzione delle reali esigenze del business.


Le criticità del cloud

Illustrata per sommi capi l’offerta, rimane da affrontare il tema degli aspetti problematici del cloud. In primo luogo c’è da ricordare che si tratta di un’offerta online, che può garantire quindi le proprie prestazioni in presenza di una qualità efficiente della connessione a Internet. La conseguenza è che le aziende che hanno sede in aree in digital divide o scarsamente servite dalla banda ultra larga potrebbero incontrare problemi. Di certo i passi avanti negli ultimi anni in Italia sono stati grandi in questo campo, ma non si può ancora dire che il problema sia completamente risolto.

Al di là di questo aspetto, inoltre, rimane la necessità di fare molta attenzione ai termini e alle condizioni del servizio al momento della sottoscrizione di un contratto, e avere ben chiaro che cambiare provider o tornare on premises in un secondo momento potrebbe rivelarsi complicato a causa del cosiddetto “vendor lock-in”, ossia della difficoltà di integrare sistemi diversi e, soprattutto, migrare risorse da un ambiente ad un altro (costringendo quindi l’azienda a rimanere ancorata, da qui il termine lock-in, ad un vendor di riferimento).


IaaS, Infrastructure As a Service 

Entrando un po’ più in dettaglio del cloud di tipo infrastrutturale (Iaas, Infrastructure as a service), possiamo dire che si tratta di un’infrastruttura che l’azienda cliente può gestire tramite Internet, in modalità pay per use, che garantisce la massima scalabilità verticale. Questo mette l’utente nella condizione di non doversi occupare di questioni particolarmente complesse come la scelta e la gestione dei server, dal momento che la gestione dell’infrastruttura spetta al cloud provider, ma di potersi concentrare su tutto ciò che riguarda l’aspetto software, dall’acquisto all’installazione, dalla configurazione alla gestione.

L’utilizzo dell’Infrastructure as a service è particolarmente indicata per alcuni specifici scenari aziendali, come ad esempio nel caso delle startup, dal momento che abbatte le spese iniziali per la messa in opera di un DataCenter privato, e per gli ambienti di test e sviluppo delle applicazioni che hanno bisogno per definizione di agilità per poter ottenere un time to market e un livello di costi ottimale. Per le stesse identiche ragioni (accesso facilitato a risorse infrastrutturali senza dover acquistare l’hardware), l’Iaas è particolarmente indicata per l’high performance computing e per i big data analytics (perché permette alle aziende di sfruttare grandi capacità di calcolo per fare avanzati processi di analisi senza dover necessariamente dotarsi delle costose infrastrutture che questi processi richiedono), oltre che risultare conveniente per l’hosting di siti web, o per le soluzioni di archiviazione, backup e ripristino, contribuendo a costi contenuti alla continuità aziendale e a eventuali ripristini di emergenza.

L’Iaas va inoltre incontro alle esigenze delle app mobile e per il Web: dal momento che in questi casi non si può prevedere la richiesta (ossia l’accesso alle risorse delle app da parte delle persone, che può anche avere picchi improvvisi), una soluzione as a service potrebbe rivelarsi la più adatta per affrontare la situazione in tempo reale in modo rapido e conveniente con la scalabilità verticale. In questo caso spesso le aziende ricorrono ai cosiddetti Virtual Private Server (VPS) da tenersi nel proprio DataCenter (in un modello di private cloud) o accessibile tramite un service provider (nel modello del cloud pubblico o ibrido) che offrono le risorse necessarie, virtualizzate, “nel momento del bisogno”, per esempio, come accennato, per far fronte ad un improvviso picco di accessi ad una app aziendale.


PaaS, Platform As a Service

offre un ulteriore livello di astrazione rispetto alla gestione completa e on premise dell'infrastruttura. Prevede che hardware e software siano ospitati nell'infrastruttura del provider, che distribuisce la piattaforma all'utente come soluzione integrata, stack di soluzioni o servizio erogato tramite una connessione internet.

Pensato principalmente per sviluppatori e programmatori, il servizio PaaS offre una piattaforma su cui l'utente può sviluppare, eseguire e gestire applicazioni senza dover creare e gestire l'infrastruttura o la piattaforma normalmente associate a tali processi.

L'utente si dedica quindi alla scrittura di codice, crea e gestisce le app, ma senza doversi poi occupare degli aggiornamenti software o della manutenzione dell'hardware. Il provider offre l'ambiente in cui creare e distribuire le app.

Il servizio PaaS consente agli sviluppatori di creare un framework in cui realizzare e personalizzare le applicazioni web, a partire da componenti software integrati, riducendo così la quantità di codice che devono scrivere.


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